La parola vittoria è spesso associata ad avvenimenti sportivi nei quali l’importante è partecipare.
Purtroppo, nella vita di tutti i giorni, ci sono momenti storici nei quali la differenza fra la vittoria e la sconfitta è la stessa fra sopravvivere e morire.
Nei primi decenni del novecento l’Inghilterra iniziava il suo declino.
Un paese che era sempre stato alla guida del mondo, iniziava a sgretolarsi, lasciando vacante il trono del potere.
L’Impero Britannico, da sempre sentinella di giustizia, dopo la prima guerra mondiale si mostrava troppo debole incapace di frenare quegli stati che erano stati sconfitti e devastati nel primo conflitto mondiale.
Alcune nazioni, sfruttando questa insensata assenza, tentarono di approfittarne.
Ebbe inizio la battaglia per il Trono di Spade.
Tutto cambiò il 13 maggio del 1940, quando dopo qualche anno di instabilità governativa, in Inghilterra il Trono di Spade fu rivendicato da un uomo goffo, burbero e irascibile.
Era Winston Churchill.
Quando fu scelto ed eletto probabilmente i suoi colleghi alla Camera di Comuni non avevano ancora ben compreso il personaggio, infatti lo consideravano un perdente cronico dopo la disfatta della Campagna di Gallipoli, ma la Storia li avrebbe smentiti.
Probabilmente in quel periodo serviva un politico ottuso e fallito affinché si facesse carico anche degli errori precedenti. Il classico “capro espiatorio” e Churchill era la persona più adatta al ruolo. Ed invece si rivelò una “mina vagante”.
Nel giorno dell’insediamento Churchill disse: “Dico al Parlamento come ho detto ai ministri di questo governo, che non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore”. La sua voce riecheggiò nel silenzio del Parlamento e fece capire a tutti i suoi detrattori che da quel giorno in poi avrebbero affrontato un leone travestito da pecora.
Serviva coraggio, tanto coraggio, perché fuori dal Parlamento c’era una imponente crisi e per di più l’Inghilterra era sull’orlo della disfatta.
E’ stata una scelta da pazzi salire sul Trono del potere quando il palazzo sta per crollare, ma sarà la sua geniale follia a guidarlo nelle scelte più difficili del secolo.
Infatti, subito dopo l’insediamento Churchill fu costretto a decidere se firmare l’armistizio con la Germania nazista o continuare a combattere.
La scelta non era facile soprattutto perché gli eventi erano avversi: quasi la totalità dell’esercito britannico era accerchiato e bloccato sulla spiaggia di Dunkerque e rischiava la disfatta.
I suoi compagni di partito e di governo invece di supportarlo lo pressarono per l’armistizio e fecero di tutto per affossarlo, ma lui reagì sempre con onore ed orgoglio.
In quel mondo capovolto Churchill era odiato dai suoi compagni e osannato dall’opposizione.
In quegli anni destabilizzati dalla carenza di una guida autorevole, un uomo goffo e irascibile si mise a capo del proprio paese e dell’Europa intera come un guerriero che si ciba delle battaglie, mostrando a tutti la via della vittoria nella disperazione dell’imminente disfatta.
“Voi chiedete: qual è il nostro obiettivo? Posso rispondere con una parola. E’ la vittoria. Vittoria a tutti i costi, vittoria malgrado qualunque terrore, vittoria per quanto lunga e dura possa essere la strada, perché senza vittoria non c’è sopravvivenza.”
Giorni speciali…oggi come allora chissà se il 13 maggio 2020 ci donerà un goffo outsider vincente.