Spesso sono i visionari che plasmano la storia.
Conquistare con meno di mille uomini una città fortificata con oltre 18.000 soldati ben addestrati ed equipaggiati? Una pazzia.
Eppure Garibaldi ci riuscì.
Probabilmente a quel tempo il nome Garibaldi faceva ribollire il sangue nelle vene.
Purtroppo le strade che portano alla gloria non sono agevoli, infatti la conquista della Sicilia non stava avvenendo secondi i piani.
Garibaldi pensava di trovare degli avversari stanchi e male organizzati, invece l’esercito Borbonico distaccato in Sicilia era ben equipaggiato ed addestrato.
Lui poteva contare solo su volontari, i Borboni su un vero e proprio esercito.
A seguito dello sbarco dei mille, Garibaldi aveva pianificato tutto e sarebbe arrivato a Palermo.
Purtroppo non andò tutto come sperato e fu subito incalzato dalle truppe Borboniche che con presunzione, vista la superiorità di numero, pensarono di poter respingere la piccola orda delle giubbe rosse.
Iniziò così l’inseguimento delle truppe siciliane.
Lo scenario era il seguente: 18.000 uomini in armi asserragliati a Palermo, sulla strada in direzione di Palermo un altro contingente di soldati del Regno Borbonico quasi 5.000 uomini. Nel mezzo Lui, l’Eroe dei due mondi.
La vita ci pone innanzi dei bivi ma l’uomo che trova la gloria sceglie sempre la strada giusta.
Sulla strada per Palermo, Garibaldi con i suoi fedelissimi arrivò ad un bivio.
Continuare per Palermo con il rischio di essere circondato dalle forze nemiche, oppure dirigersi verso Corleone per trovare sui monti una posizione difendibile.
Parliamo di una guerra da folli, o meglio da Eroi, 1000 volontari contro circa 20.000 uomini in armi. L’esito era scontato.
Solo un lampo di genio avrebbe cambiato la storia.
Iniziò la beffa di Corleone, una azione militare che sarà celebrata come un’azione bellica degna di Annibale o di Napoleone.
Garibaldi decise di utilizzare una parte del propri schieramento affinché si dirigesse con i cannoni in direzione di Corleone, affinché le truppe dei Borboni, ingolosite dalla possibilità di requisire i cannoni garibaldini, si posero all’inseguimento di quel piccolo contingente, così da venir ricondotti nel centro della Sicilia.
Garibaldi, in quei momenti concitati, disse a Nino Bixio le famose parole: “Nino, domani a Palermo”, a cui questi rispose: “o a Palermo o all’inferno”.
Lo stratagemma riuscì. Garibaldi ora era libero di marciare su Palermo ed affrontare con i suoi 900 uomini, circa, i 18.000 soldati di Palermo.
Una follia ponderata.
Era il 27 maggio quando i garibaldini attaccarono Palermo individuando il punto debole della città.
Iniziò la battaglia per liberare Palermo.
La reazione dei Borbonici non si fece attendere. Dai bastimenti Borbonici in rada nel porto iniziarono un bombardamento.
La situazione sembrava volgersi al peggio quando vedendo l’ardore e l’eroico attacco dei garibaldini, i cittadini di Palermo iniziarono a sollevarsi. Era iniziata la sommossa.
Le truppe borboniche furono costrette ad indietreggiare e ad asserragliarsi nel Palazzo Reale.
Ormai la città era conquistata. Garibaldi era entrato dentro ed aveva piantato la sua bandiera: il tricolore.
Un uomo del nord che con il proprio animo è stato in grado con soli 1000 uomini di conquistare una intera città e poi tutto un paese.
Giorni speciali…oggi come allora chissà se il 27 maggio 2020 ci donerà un eroe visionario in grado di sollevare gli animi degli italiani, facendoci riscoprire che la forza dell’Italia è nell’unità.