Disconnessione del dipendete e smartworking. Come la tecnologia ed il Covid19 stanno cambiando i rapporti di lavoro.

Le attività lavorative sono ormai destrutturate e la tecnologia ha un ruolo essenziale per incrementare la produttività aziendale attraverso la flessibilità oraria.

Con le tecnologie sono in grado di incrementare la rapidità di svolgimento dei progetti lavorativi, creando un collegamento inscindibile fra l’uso di apparecchi tecnologici utilizzati in precedenza per scopi personali.

In pratica la tecnologia che ci ha negli ultimi anni sempre visti connessi alla rete, coinvolge il lavoratore in un rapporto lavorativo malsano senza limiti di orari. 

Abbiamo notato come nella vita privata ognuno di noi subisca la connessione continua a ai social, alle email ed alla messaggistica istantanea.

Tale modello ricco di input è stato utilizzato anche in ambito lavorativo e di perenne connessione al giorno d’oggi risulta amplificata dallo smartworking esteso a causa della pandemia da Covid19.

Ciò rischia di essere una nova forma di lavoro usurante.

Si è scoperto, infatti, che con la pandemia il fenomeno privato dell’“Always On” (sempre connesso), ha mostrato enormi vantaggi produttivi in ambito lavorativo.

Tuttavia, tale condizione lavorativa obbliga ogni lavoratore a non interrompere mentalmente il flusso di lavoro ed essere sempre legato e connesso alla propria attività lavorativa.

L’ILO e L’Eurofound sono intervenute sul tema ed hanno segnalato il grave rischio alla salute nella commistione fra vita privata e lavorativa, a causa della invasione di quest’ultima nel campo della sfera personale-familiare.

Dagli allarmi di organizzazioni internazionali sono nate le prime discussioni sul tema del diritto alla disconnessone volto a tutelare il lavoratore dalla perenne connessione lavorativa.

È chiaro che gli strumenti tecnologici devono essere considerati una grande opportunità per rendere il lavoro più flessibile, ma non possono diventare una schiavitù in ragione dell’incremento della produzione.

Per tale ragione l’essere umano deve essere tutelato dall’effetto dell’”Always On” lavorativo al fine di evitare che la tecnologia, che ci sta traghettando nella prima rivoluzione tecnologica, diventi una nuova forma di schiavitù e riporti lo sforzo lavorativo all’era della prima rivoluzione industriale.

Di conseguenza per tutelare il lavoratore, il datore di lavoro dovrà dotare il dipendente di strumenti idonei a garantire la disconnessione senza ripercussioni in termini di riduzione di stipendio o sanzioni disciplinari.

Ad oggi anche se la  L.81/2017 introduce il termine di disconnessione del lavoratore creando un nuovo istituto giuridico, in verità il Legislatore non è ancora intervenuto a normare la disciplina di tale nuovo istituto.

Il diritto alla disconnessone, quindi appare un diritto privo di garanzie e tutele.

Attualmente, l’unico strumento idoneo a ricondurre il rapporto lavorativo in termini di equilibrio temporale fra produttività e tempo lavorato, è la Contrattazione Collettiva.

Infatti, in mancanza di una disposizione legislativa chiara ed univoca, solo la contrattazione collettiva potrà porre un primo argine all’ALWAYS ON lavorativo.

Non mancano da parte datoriale tentativi di inquadrare tale estensione illegittima dell’orario lavorativo all’istituto della reperibilità, anche se a parere di chi scrive, sembra una mero artifizio, anche perché nello schema della reperibilità è imprescindibile l’individuazione di fasce orarie ben definite per eseguire la prestazione.

Concludendo, possiamo sostenere che il diritto alla disconnessione seppur tratteggiato nelle norme attualmente appare del tutto sprovvisto di tutele e sanzioni per i trasgressori.

Per tale ragione occorrerà quanto prima un intervento del Legislatore per garantire il diritto alla disconnessione e per evitare sfruttamenti giustificati apparentemente della attuale pandemia e che rischiano di minare uno dei diritti essenziali per il lavoratore: il diritto al riposo.

Photo by Ketut Subiyanto on Pexels.com

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